Il prezzo del pellet per il riscaldamento domestico ha subito un aumento significativo negli ultimi anni, modificando profondamente le abitudini di molte famiglie italiane. Se fino a poco tempo fa questo combustibile era considerato una soluzione economica e semplice da gestire, oggi le dinamiche del mercato e l’attenzione crescente alle fonti energetiche sostenibili stanno portando a un ridimensionamento della sua popolarità. Il costo del pellet ha raggiunto spesso cifre superiori agli 8-10 euro per sacco, una spesa che va a incidere pesantemente sul bilancio familiare soprattutto nel periodo invernale. Nel frattempo, sono emersi sul mercato combustibili alternativi che derivano da biomasse locali, spesso legate a scarti agricoli o forestali, e che stanno attirando l’interesse di chi cerca una soluzione più vantaggiosa sia dal punto di vista economico che prestazionale. Un cambiamento che molti utenti stanno già sperimentando, attirati dalla possibilità di ridurre i costi senza rinunciare all’efficacia del riscaldamento domestico. Per chi vive in città o in zone collinari, queste alternative possono fare una differenza concreta, sia in termini di gestione che di impatto ambientale.
I biocombustibili che offrono un’alternativa più economica e performante
Tra le opzioni emergenti più diffuse spicca il cippato di legno, un combustibile ottenuto dalla triturazione di rami e residui di potature, solitamente scartati durante le attività forestali o di manutenzione verde. Il costo di questo materiale può variare tra i 2 e i 6 euro al quintale, risultando in molti casi molto più conveniente rispetto al pellet tradizionale. Dal punto di vista pratico, il cippato garantisce un buon potere calorifico e una combustione efficace, a patto che le stufe o le caldaie siano correttamente tarate per gestirlo. Un aspetto da considerare riguarda però le esigenze di stoccaggio: il cippato richiede spazi più ampi e deve essere conservato in ambienti asciutti per mantenere le prestazioni e non compromettere la resa termica.

Un’altra risorsa apprezzata è il nocciolino di oliva, ricavato dai residui della pressatura delle olive. Questo biocombustibile presenta un prezzo contenuto, mediamente tra 20 e 25 euro al quintale, e un’elevata densità energetica che permette di scaldare ambienti più ampi. La combustione del nocciolino produce meno cenere rispetto al pellet e contribuisce a valorizzare gli scarti della filiera olivicola locale, un fattore che in alcune regioni italiane assume un’importanza economica significativa. Queste soluzioni rappresentano un modo per utilizzare risorse disponibili in loco e al tempo stesso contenere le spese per il riscaldamento, un aspetto che sta attirando sempre più attenzione soprattutto nelle aree rurali e agricole.
Compatibilità degli impianti e altre biomasse da considerare
Passare a combustibili alternativi richiede attenzione e valutazioni preliminari, in particolare riguardo alla compatibilità degli impianti di riscaldamento. Non tutte le stufe e caldaie progettate per il pellet possono bruciare altri tipi di biomassa senza modifiche specifiche. L’utilizzo di materiali non idonei può causare malfunzionamenti, formazione eccessiva di residui e una riduzione dell’efficienza, oltre a possibili danni agli apparecchi e alla perdita della garanzia. Alcuni modelli di ultima generazione supportano già combustibili misti, ma spesso è necessario l’intervento di tecnici specializzati per adeguare l’impianto. Oltre al cippato e al nocciolino di oliva, anche altre biomasse si stanno affermando come valide alternative. La sansa essiccata, composta da bucce, polpa e noccioli di oliva, offre prestazioni termiche simili al nocciolino, con un prezzo ancora più competitivo. Anche i gusci triturati di mandorle, noci e nocciole sono diventati un combustibile popolare nelle regioni dove la produzione di frutta secca è rilevante. Queste soluzioni consentono di valorizzare scarti produttivi locali e rispondono a una crescente richiesta di combustibili sostenibili ed economici. Per chi vive in ambienti urbani quest’aspetto può passare in secondo piano, ma nelle aree rurali e nelle zone dove si trova un’offerta di biomassa locale, l’adozione di questi materiali sta cambiando il modo di riscaldare le abitazioni, orientandosi verso soluzioni più efficienti e rispettose dell’ambiente.